Alluvione Emilia-Romagna

Questa news del progetto ClimAction sarà un po’ diversa. Lo Sportello energia di Legambiente Emilia-Romagna direttamente o indirettamente si è trovato ad affrontare le conseguenze delle alluvioni che hanno colpito la nostra regione a metà di maggio. Non si po’ parlare di alluvione senza aprire gli occhi sui cambiamenti climatici che, purtroppo, stanno avvenendo. In Emilia-Romagna, così come negli ultimi anni in molte altre Regioni italiane, ci sono state le prime e più forti avvisaglie della crisi climatica alla quale andremo incontro nei prossimi anni. Si pensi che l’osservatorio Città Clima di Legambiente ha tracciato quasi 1700 eventi metereologici estremi dal 2010 ad oggi. Non a caso, stando al Rapporto ISPRA 2020, circa il 94% dei comuni italiani avrebbe aree classificate a rischio di frane e alluvioni. Ma cos’è successo e cosa ha prodotto tutto ciò?

Le piogge ininterrotte per circa 18 ore del 17 maggio hanno aumentato vertiginosamente il livello dei fiumi che, superando la loro soglia idrometrica, sono esondati. In precedenza, il terreno reso impermeabile dal grande periodo di siccità che ha preceduto la perturbazione, non è riuscito ad assorbire parte della grande quantità di acqua precipitata. Tutto questo ha amplificato l’effetto dell’alluvione, allagando strade e portando via tutto quello che trovava lungo il suo tragitto.

Nella metà di maggio le province maggiormente colpite sono state Faenza, Forlì, Cesena e alcune zone del Ravennate. I fiumi esondati, infatti, sono stati 23 mentre le frane 280.I morti accertati sono stati 16. Ciò dimostra che l’Italia è un paese particolarmente fragile e vulnerabile di fronte a questi eventi catastrofici.

 

Cosa possiamo fare nel futuro?

Questi avvenimenti sono un’evidente prova della crisi climatica che, come Paese, dobbiamo necessariamente prepararci ad affrontare e prevenire. Bisognerà non solo mitigare il rischio idrogeologico nei territori attraverso una corretta pianificazione, la messa a terra di azioni volte all’adattamento e formare la popolazione alla convivenza con il rischio. Questo tipo di eventi non possono essere più trattati come casi sporadici risolvibili attraverso piani emergenziali. Martedì 23 maggio il Governo ha approvato il decreto-legge maltempo che prevede un intervento da 2 miliardi di euro per affrontare le spese più urgenti, ma già sappiamo che questo non basterà. L’Italia si trova per tre quarti circondata da un mare che sale di livello. Le coste sono sempre più soggette ad erosione e ci troviamo nel continente che si sta riscaldando più velocemente di tutti a livello mondiale. Ma soprattutto l’Italia è particolarmente vulnerabile al dissesto idrogeologico. Alluvioni e frane sono tra i fattori di rischio che coinvolgono più aree in Italia. Secondo i dati ISPRA, il 3,5% della popolazione italiana vive in aree ad elevata probabilità di alluvione. Per quanto riguarda il rischio di frana, invece, sempre ISPRA ci racconta che sono 1,7 milioni le persone che vivono in zone ad alta pericolosità di frane. Ma che cosa abbiamo imparato finora? Investire in azioni di prevenzione tanto dal punto di vista della lotta alla crisi climatica che del rischio idrogeologico dovrà diventare la normalità, perché la modalità ‘emergenza’ non ci potrà più salvare da quello che ormai, stiamo rendendo inevitabile. Abbiamo continuato per anni a riscaldare il pianeta con le nostre emissioni, queste sono le conseguenze e, quindi, ormai la crisi climatica non è più qualcosa di lontano e ignoto. È qui ed è ora, dobbiamo fare qualcosa se vogliamo veramente cambiare le cose!

 

Fonti:

https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/dissesto-idrogeologico/le-alluvioni

https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporto-sulle-condizioni-di-pericolosita-da-alluvione-in-italia-e-indicatori-di-rischio-associati

https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/dissesto-idrogeologico/indicatori-di-rischio

www.cittaclima.it

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